Storie ticinesi e testimonianze di padri divorziati

Abitavamo in uno degli appartamenti più vecchi della piccola palazzina di proprietà dei miei genitori. L’appartamento datava degli anni ’50 ed era stato realizzato e utilizzato solo quale appartamento da affittare ai turisti durante la bella stagione. Durante 40 anni l’unico intervento fatto fu quello di aggiungere i termosifoni, così da estendere i mesi di utilizzo a primavera e autunno. Non contavamo più gli interventi dell’idraulico, il quale dovette intervenire a causa di otturazioni e perdite degli scarichi in piombo, di mancanza di acqua calda e di tubi di rame rotti che rendevano l’ambiente molto “umido”. Anche a livello elettrico eravamo messi molto male: i fusibili saltavano in continuazione e mancava completamente la messa a terra. Pure a livello isolazione (cos’é?) e serramenti le cose non erano meglio: il ricambio d’aria era assicurato in permanenza anche con le finestre chiuse. Viverci d’inverno fu un’avventura!

Siccome i miei genitori, economicamente, non avrebbero potuto affrontare la spesa della ristrutturazione, ma per essere abitabile tutto l’anno l’appartamento necessitava di importanti lavori, decidemmo con mia moglie di procedere a nostre spese (l’alternativa era traslocare prendendo un appartamento in affitto, ma non saremmo più stati in casa “nostra”). Ne parlammo con i miei genitori, chiedemmo dei preventivi e ottenemmo un credito di costruzione per migliorie di Fr. 240’000.-, che poi si tramutò in ipoteca a carico nostro. Spendemmo in totale Fr. 270’000.- e pagammo Fr. 30’000.- di tasca nostra. L’idea era quella che un giorno o l’altro l’appartamento sarebbe diventato di nostra proprietà. A quel momento i proprietari legali erano sempre i miei genitori; noi eravamo solo debitori solidari per l’importo dell’ipoteca di cui sopra.

Siccome desideravamo crescere noi nostra figlia ed eravamo contrari a piazzarla in un asilo-nido (sono tutt’ora contrario a questa pratica, definita sovente come “migliore” per i nostri figli da chi -lo stato- vuole obbligarci a “essere produttivi” e vuole imporci le sue regole, spesso “contro natura”), decidemmo di impostare la mia attività professionale in modo che mia moglie potesse aiutarmi e nel contempo occuparsi di nostra figlia. Insieme trovammo il modo di crearle un posto di lavoro “su misura”, dove lei aveva la possibilità di stare con nostra figlia durante tutto l’arco della giornata, aiutandomi nell’amministrazione (in pratica era diventata mia segretaria personale). Per ottenere questo feci nuovamente degli importanti investimenti finanziari (invece di rimborsare un vecchio debito, utilizzai questi soldi per affittare un ufficio più spazioso e chiesi a un amico dei soldi in prestito per realizzare le trasformazioni necessarie, fra cui una “cameretta” per nostra figlia).

Fin da subito l’idea si rivelò un successo e le cose iniziarono a funzionare bene, sebbene a fine mese fossimo sempre “tirati” (ma in fondo, chi se ne frega, eravamo felici, abitavamo in casa nostra, lavoravamo insieme e stavamo per avere un figlio!). Qualche mese più tardi mia moglie partorì una bella bimba sana e qualche settimana dopo il parto volle nuovamente aiutarmi in ufficio, dapprima solo poche ore la settimana, in seguito “a tempo pieno”. Tutto andò a gonfie vele, la bimba era con la mamma e io potevo vederla più volte al giorno, fra un cliente e l’altro.

Passarono i mesi ma, nonostante fosse tornato tutto alla normalità, da dopo il parto mia moglie non mi desiderava più. I primi mesi non ci feci neppure caso, sapevo che avrebbe dovuto “riprendersi” dal parto, ma quando -dopo 10 mesi- ancora non era “pronta”, cercai di capire cosa stava accadendo e scoprii che mia dolce mogliettina non era proprio quella che si definirebbe una santa! Approfittando delle mie assenze per lavoro (io la sera lavoravo e credevo che lei fosse a casa con nostra figlia), frequentava altre persone nei bar alla moda (portandovi pure nostra figlia). Ricevetti delle segnalazioni da conoscenti che mi riferivano di averla vista in compagnia di altri uomini, ma inizialmente non ci feci troppo caso, anche se ci pensai. Come si dice, se qualcuno ti dice che sei scemo non farci caso, ma se cominciano ad essere in tanti a dirtelo… forse hanno ragione!

Un giorno mi disse di non prendere impegni per il sabato, perché lei si era organizzata con un’amica per andare a giocare a tennis (il tennis lo guardava in TV, ma non sapevo che sapesse giocarci). Vista la stranezza della sua richiesta mi organizzai con la ragazza di un mio caro amico affinché quel sabato pomeriggio potesse tenere lei nostra figlia e decisi di andare a controllare (la storia mi “puzzava”): al tennis non c’era né lei né la sua auto! Feci finta di nulla, andai a riprendere nostra figlia e rientrai a casa per aspettarla e preparare la cena, visto che per quella sera avevamo invitato mia sorella.

Verso l’ora di cena (mia sorella era già arrivata da un po’) suonò il telefono e quando risposi sentii la voce di mia moglie che mi diceva che sarebbe rimasta fuori a cena con la sua amica. Le dissi che avevamo invitato mia sorella per cena e che sarebbe stato meglio rientrare immediatamente. Inoltre le chiesi dove avesse giocato a Tennis, visto che a Locarno non l’avevo vista. Mi chiese se la stavo “spiando” e chiuse la comunicazione.

Spiegai a mia sorella cosa stava accadendo e le chiesi se avesse potuto occuparsi lei della nipotina mentre io andavo a verificare cosa stesse succedendo. Siccome a quel tempo i cellulari non erano ancora così diffusi, aveva usato il telefono fisso del suo nuovo amante. Fu quindi facile e relativamente veloce risalire al nome e al domicilio di questa persona. Mi appostai sotto casa sua e gli telefonai; come rispose gli chiesi di poter parlare con mia moglie e dopo un suo maldestro tentativo di negare l’evidenza le porse il telefono dicendole “é tuo marito”: le dissi di rientrare immediatamente! Pochi minuti dopo vidi i due amanti uscire di casa mano nella mano (vi assicuro che per me fu una scena disgustosa). Salì in auto e partì. La raggiunsi, si fermò e tentai di parlarle, ma lei non volle scendere dall’auto né abbassare il vetro del finestrino. Rientrai allora a casa e decisi che avrebbe potuto tornare dal suo amante per passarci la notte; nel nostro letto non la volevo proprio più! La chiusi fuori casa lasciandole un biglietto con la scritta “tornatene a dormire là dove sei stata finora!”. Visto che sapevo che anche il suo amante aveva una convivente, non le sarebbe stato facile farlo. 😉 In seguito seppi che trascorse la notte in auto.

La mattina seguente la feci entrare e volli parlarle, ma l’unica cosa che mi disse fu: -“Non ti sei accorto che non ti amo più?”. Le chiesi cosa intendesse fare e mi rispose candidamente: -“Divorziamo”. Non credetti alle mie orecchie!

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